Le rockstar hanno sempre avuto un rapporto contrastato con le droghe: la maggiorparte delle dichiarazioni è tesa a smentire quello che il loro comportamento pubblico evidenzia senza pietà .
Ma ci sono anche delle canzoni che portano la droga in primo piano, fin dal titolo.
Come, ad esempio, il famoso riff di Cocaine di JJ Cale, portata al successo da Eric Clapton.
Agli antipodi, sia come sostanza sia come attitudine artistica, ci stanno i Velvet Underground con Heroin, descrizione quasi onomatopeica degli effetti del buco.
Un po’ più vecchio stile sono i Rolling Stones con Sister Morphine scritta, oltre che da Jagger-Richards, anche da Marianne Faithful.
E poi c’è Lucy in the Sky with Diamonds, che, come il titolo promette, immerge i FabFour nella nascente psichedelia. Ah, dici che la droga non c’entra niente, è tutto merito/colpa di un disegno di un bimbo?
Certo, certo, ma quante zollette s’è fatto, ‘sto bimbo?
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Badòn selection
Come tutti sanno, anche i più piccini hanno dei loro gusti, per quanto imperscrutabili. Qui presenteremo la playlist selezionata dal piccolo Badòn.
Chi è il piccolo Badòn? Non è importante, ma se proprio ci tenete, andate qui.
Si comincia con i beneamati Rolling Stones e il pezzo di apertura del disco del 1965, Out of our heads. Il disco contiene Satisfaction, ma la preferenza di Badòn va a Mercy Mercy (ev mersi, ev mersi nonnì), una cover di un pezzo rhythm and blues.
Si continua con la celeberrima You really got me dei Kinks (tanana nanà , tanana nanà – iu rilli gamminau), che contiene il più bell’assolo fatto da un diciassettenne nella storia del rock.
Si conclude con Old Shit/New Shit (la canzone del treno ???)degli Eels, ritmo e strani effetti, cani e fantasmi. Dal più bell’album (Blinking lights and other revelations) degli ultimi cinque anni.
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Redneck woman/1
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Era il 1975 e la Charlie Daniels Band metteva su un pezzo, diventato una hit di quell’anno, intitolato The South’s Gonna Do It in cui venivano citati alcuni dei gruppi che negli anni successivi avrebbero fatto la storia del Southern Rock.
Quella che vi propongo oggi è una lista assolutamente parziale (di qui lo /1 in coda al titolo) di quelle che secondo me sono le canzoni che hanno fatto grande e fanno grande il Southern Rock.
- Lynyrd Skynyrd (pronunciato ‘lÄ•h-‘nérd ‘skin-‘nérd), nome preso in onore del loro coach Leonard Skinner alla Robert E. Lee High School, a mio parere la più grande Southern rock band che sia mai comparsa al di sotto della cintura Amarillo – Tulsa – Springfield – Louisville – Charleston. Fra i brani che ho scelto senza dubbio il più rappresentativo di questa selezione è certamente Southern Women, un pezzo che trasuda del caldo umido del sud e di altri umori. Ma è un’altro il pezzo forse più redneck del mazzo: Sweet Home Alabama, un brano di spessore anche oltre il piano prettamente musicale. La leggenda infatti narra di come Sweet Home Alabama sia stata scritta da Ronnie Van Zant (“We thought Neil was shooting all the ducks in order to kill one or two”) come risposta scherzosa (Neil ha poi suonato in più occasioni dal vivo prorpio Sweet Home Alabama) a Southern Man di Neil Young
Well I heard Mr. Young sing about her/Well I heard ol’ Neil put her down/I hope Neil Young will remember/A Southern Man don’t need him around anyhow - The Allman Brothers Band, nativi di Macon nella stra-confederata Georgia. Band tanto fortunata e talentuosa musicalmente quanto sfortunata nella vita (a dire il vero neanche i Lynyrd Skynyrd devono aver trovato un mazzo di quadrifogli…): il 29 ottobre del ’71, a Macon, muore schiantandosi con la moto contro un trattore (e anche qui c’è una leggenda…) Duane Allman; appena un anno dopo, l’11 novembre 1972, sempre a Macon, a poca distanza da dove era morto Duane, muore, ancora per un incidente in moto, Berry Oakley. Da notare che nella scena dei gruppi Southern gli Allman Brothers, fra tutti, erano quelli che incarnavano i valori migliori del sud, lasciando da parte la segregazione razziale ed una certa aura di conservatorismo che ha sempre ammantato chi sposava la filosofia redneck. Testimonianza ne siano il fatto che fra i loro membri ci furono musicisti di colore e che insieme ad altri gruppi della Capricorn presero posizione a favore di Jimmy Carter nelle elezioni presidenziali del ’76.
- Creedence Clearwater Revival, a differenza degli Allman Brothers o dei Lynyrd Skynyrd, provengono da El Cerrito in California quindi dalla West Coast e non dal sud. Un gruppo con un momento di picco, se vogliamo, precedente, in pieni anni ’60 e con uno stile, sia musicale che comunicativo, differente dalla maggior parte dei loro contemporanei: pezzi brevi; mai ufficialmente schierati politicamente, anche con la guerra del Vientam in corso; contrari all’uso delle droghe (ierano gli anni ’60!). All’inizio, il loro decollo fu decisamente aiutato dalla rete underground delle radio FM di S. Francisco, così quando fecero il grande salto in AM si ritrovarono subito fra le Top 40 e fra il ’60 ed il ’70 i Creedence Clearwater Revival erano il gruppo rock che vendeva di più in tutti gli Stati Uniti.
- Gretchen Wilson nata a Pocahontas in Illinois, lei è veramente il prototipo della redneck woman: dall’età di quindici anni ha lavorato come cuoca e cameriera in piccoli bar e ristoranti del sud più rurale, all’età di sedici anni va a vivere da sola ed a 20 entra a far parte di due gruppi con cui inizia a cantare nei bar. Da allora una carriera tutta in salita con un trasferimento a Nashville nel 1996, una collaborazione con John Rich, nel 2003 esce Here for the Party con 4 singoli nella US Hot 100 e nella US Country, nel 2006 esce All Jacked Up con 3 singoli nella US Country. Datemi retta, se incontrate questa ragazza siate molto galanti, altrimenti scoprirete una nuova accezione della parola molestia.
- Jessica Simpson. Jessica Simpson?! Ok, vi spiego, questo post originariamente doveva intitolarsi “Bikini di pelle e tette sudate” (una vecchia cosa della gioventù…[sospiro]) quindi Jessica Simpson con These Boots Are Made for Walkin’ è più che adatta a stare qui. Punto.
Perchè intitolare il post Redneck Women? Perchè nel cuore di ogni uomo del sud c’è sempre (almeno) una donna.
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